Domenica della Samaritana (CSP)
Nella liturgia, la seconda Domenica di Quaresima è designata come la “Domenica della Samaritana”, ispirata al racconto di Giovanni 4,5-42. Gesù, di ritorno dalla Giudea alla Galilea, sceglie di evitare la via più breve attraverso la valle del Giordano, optando per il sentiero più arduo della Samaria. Una scelta che trascende la geografia, un atto di sfida alle ostilità tra Giudei e Samaritani. Stanco e assetato, giunge così al pozzo di Sicar.
Il Vangelo di Giovanni annota con precisione che era mezzogiorno, il sole allo zenit. È un’immagine potente: un Dio che sceglie il cammino più arido per incontrare i lontani nell’ora più calda. Un’eco dell’invito di Papa Francesco a una “Chiesa in uscita”, un segno tangibile della spiritualità che radica la Compagnia di San Paolo.
Il pozzo di Giacobbe, profondo, diviene il teatro di un dialogo che scava nelle profondità dell’anima. Gesù abbatte muri invisibili: un rabbino di Nazaret che si rivolge a una donna, samaritana, con un passato segnato da cinque matrimoni. Barriere che i discepoli, affamati e ancorati al presente, non riescono a comprendere. “Alzate i vostri occhi e guardate i campi, già biondi per la mietitura”, esorta Gesù. Andate oltre l’immediato, scoprite i colori di terre nuove ed eterne. Chi semina nello spirito, dallo spirito raccoglierà i frutti dell’eternità.
La donna, dimentica della sua anfora, corre sotto il sole cocente del mezzogiorno ad annunciare ai suoi l’incontro con un uomo che ha saputo guardare lontano, un uomo che potrebbe essere il Messia. Il Regno, in fondo, inizia quando nell’anima sboccia il profumo della primavera. Dovremmo abbandonare questo cristianesimo invernale, che ci confina nelle sacrestie, e uscire a incontrare l’umanità sotto il sole alto, portando la speranza in un mondo stanco e sfiduciato. Questa è la Chiesa che Papa Francesco ci chiama a essere, la Chiesa della CSP, una Chiesa che non teme la diversità.