Anche se i giornali sembrano aver già praticamente designato il nuovo pontefice, il futuro papa non potrà ignorare le caratteristiche fondamentali che hanno segnato il pontificato di Francesco. In primo luogo, l’universalità della Chiesa. Gli elettori, provenienti da diverse aree geografiche e da terre lontane, non dovranno dimenticare questa connotazione che Francesco ha voluto imprimere al Collegio Cardinalizio. La Chiesa è cattolica.
La Chiesa necessita di un pastore il cui orizzonte non si limiti ai confini territoriali, ma che possieda uno sguardo che, dalle periferie, aspiri a illuminare il centro. Un linguaggio spoglio di artifici, intriso di umiltà, si rivela essenziale per dialogare con coloro che si trovano ai margini. In quest’epoca dominata dalla tecnologia e dalla robotica, la Chiesa deve intavolare un dialogo profondo con il mondo. Un clima di ristrettezza mentale o una chiusura nella realtà puramente locale risulterebbe anacronistico e insostenibile. Urge, dunque, una cultura illimitata che trascenda le rive del Tevere e si proietti verso la vastità dei mari.
In un momento storico in cui i nazionalismi minacciano di irrigidire i propri confini con una cultura bellica che si manifesta in primo luogo nelle parole, dove egoismo, muri e razzismo fanno scuola, lo sguardo della Chiesa deve allungarsi verso nuove “terre rare”, il cui valore trascende le mere dinamiche economiche. Un Papa che, precisamente per la sua visione globale, dovrebbe interessarsi profondamente al clima, alla pace e alla giustizia sociale, orientando l’umanità verso il Regno di Dio senza trascurare la responsabilità di lasciare alle nuove generazioni parole capaci di disarmare la violenza insita nel linguaggio e nella cultura selvaggia del mercato.
Un pontefice di tale portata non può essere indicato dalle previsioni mediatiche. La sua elezione dovrebbe essere veramente guidata dal vento dello Spirito, che soffia dai quattro punti cardinali, al di là della ristrettezza di vedute di una provincia profonda da dove spirano solo visioni parziali. La prima cosa che i padri elettori dovrebbero ricordare è che questo conclave, per volontà di Papa Francesco, è volutamente internazionale per allargare gli orizzonti, aprire l’intelligenza e abbattere i muri. Aprirsi a un mondo dove pochi detengono la ricchezza, dove già si teorizza che l’essere umano non è più necessario, dove la tecnologia come a Babele crede di aver toccato il cielo e si proclama l’immortalità digitale, e dove il giardino della terra è di nuovo disturbato da coloro che ancora una volta sono al di là della conoscenza del bene e del male. Per tutto ciò è necessario che questo conclave colga i segni e non rimanga in superficie. Bisogna dare al mondo un pastore all’altezza di guardare avanti e non indietro.
Editoriale CSP